La confusione regna sovrana quando si parla di Digital Transformation.
Non si tratta, infatti, di mera adozione di nuove tecnologie. È inutile cercare soluzioni avveniristiche quando alla base manca la consapevolezza delle esigenze da soddisfare.
Sembra un po’ la storiella della scrittura nello spazio: mentre la NASA spende miliardi per realizzare una biro col serbatoio d’inchiostro pressurizzato per l’assenza di gravità, i russi ricorrono alle matite.
Il concetto che si vuole far passare è che la tecnologia deve rientrare in una visione più ampia, diciamo incrementale, del futuro del business. Essa, riferendoci alla comunicazione, è come se fosse un amplificatore di potenza.
Ma se un brand non ha la più pallida idea di come comunicare in modo coerente e funzionale agli obiettivi, questi tool rischiano solo di far spendere tanti soldi. Ci vuole un percorso che comprenda ANCHE gli strumenti, non SOLO gli strumenti.
In realtà, il vero cuore della Digital Transformation è la customer experience. Per Mauro Lupi, Strategy Director di DigitalBreak, non si può impostare un progetto di Digital Transformation senza aver prima mappato il customer journey: è necessario, infatti, identificare i diversi momenti di relazione tra le persone e le aziende. E pare che diverse organizzazioni pecchino in questo, solo il 25% lo fa.
I consumatori vanno intercettati in ogni fase del loro customer journey (Consideration, Evaluation, Purchase, Experience, Advocacy) con contenuti che rispondano alle diverse esigenze (informazione, servizio, intrattenimento etc.). La Content Marketing Strategy diventa quindi funzionale agli obiettivi di business in ottica multicanale e multiformato.
A partire da questi presupposti DigitalBreak ha ideato un modello di elaborazione della Content Marketing Strategy detto “Content in the Context of the Journey” (vai qui per approfondimenti) che, dopo l’assessment iniziale di mappatura dei touchpoint e dei relativi contenuti, riesce a ottimizzare i workflow relativi alla produzione, alla pubblicazione e all’analisi delle performance.
Solo una volta che abbiamo le idee ben chiare, possiamo passare agli strumenti, l’“ultima colonna” del modello CCJ. Secondo noi c’è una piattaforma di Content Management che ben si presta a questo modello: parliamo del DAM (Digital Asset Management) Intelligente.
I suoi motori semantici tramite funzionalità di Machine Learning rivestono i contenuti aziendali di una struttura di metadati che li identificano nei loro argomenti. Così “razionalizzati” i contenuti si trovano organizzati in un hub centralizzato da cui è possibile controllarne l’intero ciclo di vita con workflow condivisi.
I metadati vanno poi a popolare i profili degli utenti che hanno fruito di questi asset per cui è possibile alimentare i sistemi di Marketing Automation con dati sempre aggiornati sui loro interessi.
Ma approfondiamo l’argomento con Mauro Lupi.
D: Perché i sistemi di Marketing Automation possono rappresentare un valido supporto nel gestire una relazione personalizzata con l’utente su tutti i punti di contatto?
R: La considerazione alla base è che la relazione delle aziende con i clienti è diventata molto più articolata che in passato. I flussi di relazione con l’azienda sono diversi da consumatore a consumatore, sia nel modo e nella tempistica con la quale vengono usati i molteplici punti di contatto, sia riguardo ai differenti tipi di contenuto che è opportuno distribuire nelle varie fasi del customer journey.
Le piattaforme di Marketing Automation arrivano in aiuto delle aziende che desiderano mettere davvero al centro dell’attenzione i propri clienti o i prospect, perché riescono a semplificare e a organizzare in modo efficiente e produttivo la relazione multicanale con le audience di riferimento.
La mia esperienza con queste piattaforme, semmai, è quella di non lasciarsi ingolosire dalla grande flessibilità e potenza dello strumento andando ad elaborare dei flussi di automazione molto sofisticati. Quello che abbiamo capito in questi ultimi 3-4 anni di progetti, è che è meglio partire da workflow magari più semplici ma che soddisfano esigenze prioritarie o di immediato impatto economico, come il recupero dei carrelli abbandonati di un e-commerce o il miglioramento dei tassi di apertura e di click sulle e-mail.
Poi, man mano che la piattaforma restituisce insight sui comportamenti, si potranno aggiungere flussi più sofisticati che contemplano molteplici canali anche fisici.
D: Quali ritiene debbano essere i prerequisiti in azienda per poter implementare con successo degli strumenti di Marketing Automation?
R: Sicuramente occorre innanzitutto un approccio “cliente-centrico” di tutta l’azienda. Anche se parliamo di Marketing Automation, in realtà questi strumenti intervengono in tutte le fasi di relazione col consumatore, comprese le fasi di supporto e fidelizzazione.
Ciò significa che la centralità del cliente deve essere una strategia di tutti i dipartimenti dell’organizzazione. Potrebbe sembrare ovvio ma tuttora moltissime aziende strutturano il loro approccio al mercato in modo piuttosto autoreferenziale dove trionfa il “noi” e dove i modelli di relazione sono tutti orientati agli obiettivi aziendali e non a quelli degli stakeholder.
Mettere il cliente al centro dell’attenzione, significa conoscerne le esigenze ed i comportamenti (e non solo le caratteristiche demografiche con cui normalmente si classificano). Da qui deriva la necessità di mappare adeguatamente i profili dei clienti chiave (personas) ed i relativi customer journey; lo si fa svolgendo survey, analisi qualitative e workshop collaborativi in grado di restituire una fotografia attendibile riguardo comportamenti e interessi dei destinatari, e spesso anche spunti e idee innovative.
L’altro elemento cruciale per alimentare un progetto di Marketing Automation sono i contenuti. Lo strumento è in grado di distribuire informazioni personalizzate ai singoli destinatari in base ai comportamenti pregressi, ma naturalmente tali informazioni devono essere state prima progettate, pianificate, realizzate e adeguate ai diversi canali di distribuzione.
Quindi un buon progetto di Marketing Automation non può prescindere da un’adeguata Content Strategy, compresa la verifica dei processi operativi. La buona notizia è che spesso le aziende hanno già molto materiale in casa che non valorizzano adeguatamente in chiave digitale; o perché i reparti dell’azienda non condividono i contenuti che producono, oppure perché sono concentrati solo su materiale promozionale trascurando altri contenuti più utili e interessanti, che magari sono già stati realizzati per uso interno.
Le moderne piattaforme di Marketing Automation e di recupero e analisi dei dati degli utenti, sono una componente essenziale per relazionarsi con i consumatori. Ma per scatenare tutto il loro potenziale, bisognano però di una conoscenza analitica di comportamenti ed esigenze dei destinatari, nonché di una strategia di contenuti per alimentare adeguatamente i punti di contatto.